Omotenashi in kanji e hiraganaChiunque vada in Giappone non può mancare di notare la profonda cortesia e dedizione con cui i giapponesi accompagnano ogni loro gesto, in ogni situazione e contesto.

La parola omotenashi (お持て成し, おもてなし) esprime uno degli aspetti della cultura giapponese tra i più complessi e densi di significato. “Ospitalità” è il termine italiano che nello sforzo di traduzione vi si avvicina di più, mancando tuttavia di coglierne le profonde e radicate istanze culturali e filosofiche.

La definizione delle buone regole di ricevimento e intrattenimento degli ospiti fu parte importante dell'opera di Sen no Rikyū, uno dei più noti maestri giapponesi del Chadō (茶道), la Via del Tè. Monaco buddhista Zen, Sen no Rikyu stabilì i principi e le buone regole di condotta da integrare nella Cerimonia del tè.

Ben lungi dall'essere mera deferenza nel compimento di un servigio, la omotenashi esprime profonda dedizione verso l'ospite, ciò che si fa per l'ospite e con l'ospite e quindi anche verso se stessi. In quest'ottica si comprende meglio lo spirito che anima un cuoco giapponese che esprime gratitudine nei confronti del cibo che utilizza e la formula pronunciata da un commensale nell'atto di iniziare il pasto, “itadakimasu” (“ricevo con umiltà”).

Caratteri fondamentali della omotenashi sono la ricerca dell'armonia, la cura, l'assenza di invadenza, la capacità di prevedere e intuire le esigenze e la sensibilità altrui. Uno dei migliori modi per fare esperienza della omotenashi è soggiornare in un ryokan, la locanda tradizionale giapponese.

La omotenashi ha nei secoli plasmato la mentalità e le usanze dei giapponesi ed è parte essenziale delle relazioni sociali in ogni ambito, più o meno formale.

 

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